22 ottobre 2015

Roma - Anas, «pizzini» e parole in codice Ecco chi è la «dama nera»



«Ciliegie», «libri», «topolini» o «medicinali antinfiammatori»: erano queste le parole in codice usate dalla «cellula criminale» che agiva dentro la direzione generale dell’Anas.
A capo dell’associazione c’era la 54enne siciliana Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del Coordinamento tecnico amministrativo di Anas Spa, appunto la «dama nera», deus ex machina del sodalizio che, come ha detto Pignatone in conferenza stampa: «ha la borsa sempre aperta, arriva qualcuno e ci mette una busta».
La «dama nera» è la nipote di Peppino Accroglianò, Cavaliere di Gran Croce e consigliere della Regione Calabria per tre legislature consecutive, oggi presidente di C3, Centro culturale calabrese che organizza convegni nazionali e internazionali.

A gestire il giro di mazzette, secondo la Finanza, era la Accroglianò, nata a Cefalù, laurea in giurisprudenza e dal ‘94 all’Anas dopo aver lasciato l’Iri, descritta nell’ordinanza del gip Giulia Proto «vera regista dell’operazione», che istruiva i suoi sottoposti su come comportarsi «muovendoli come pedine nelle proprie mani».
La sua «pericolosità», sottolinea ancora il giudice è anche nella «freddezza e capacità di organizzare una protezione per sé e per i suoi sodali dopo il controllo da parte della gdf (25mila euro ritrovati durante un posto di blocco creato ad arte nell’auto di uno degli indagati, ndr)».
Dopo questo episodio, la associazione si attiva per creare falsi documenti a copertura delle operazioni illecite commesse e la dirigente dell’Anas si preoccupa di nascondere il suo bottino a casa della mamma, dove sono stati trovati 70mila euro in contanti. «Ti porto le medicine», dice alla mamma temendo di essere intercettata; l’anziana risponde candidamente di non essere malata.
In altre intercettazioni la «Dama Nera» da cui prende il nome l’operazione si lamentava della «poca serietà degli imprenditori che ritardavano i pagamenti» delle tangenti, ribattezzate «ciliegie», «libri», «topolini» o «medicinali antinfiammatori».

Tangenti che venivano richieste e pagate per diversi «servizi», dall’aumento delle cifre per gli espropri agli accordi bonari, passando per l’operazione di cessione di un ramo d’azienda. In sostanza i dirigenti corrotti, che comunicavano tramite «pizzini», «prendevano soldi da tutto ciò che poteva essere trasformato in denaro».
E quando interviene l’ex sottosegretario Luigi Meduri come mediatore con le imprese da favorire, la Accroglianò gli chiede in cambio l’assunzione del fratello Gandino - trombato nelle elezioni locali - in una società partecipata dalla Regione Calabria, dove Meduri ha ancora grande influenza per il suo passato da presidente della Regione e politico di lungo corso.
La stessa dirigente Anas definiva la sua condotta «una scuola» e ai suoi complici spiegava:
«Speriamo di tenerci forti come abbiamo fatto fino ad adesso e di fare tutti un saltino in avanti per poterci aiutare... perché poi quello è lo scopo, capito? Io sono stata abituata in questo modo... chi cresce si porta gli altri dietro... questa è la scuola. Se viaggi solo non fai niente, chi viaggia da solo poi l’hanno azzoppato».


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