8 luglio 2015

Zingare borseggiatrici

Alessia A., 29 anni, 9 figli: 115 identificazioni delle forze dell’ordine, 49 denunce, 16 arresti;
Marta S., 21 anni, 4 figli: 152 identificazioni, 24 denunce, 25 arresti;
Fanisa H., 29 anni, 5 figli, 24 denunce, 8 arresti;
Serya O., 23 anni, 4 figli, 68 denunce, 22 arresti;
e poi Debora H., 20 anni, 3 figli, 27 denunce e 7 arresti.
Il 27 giugno scorso le hanno arrestate di nuovo, tutte insieme, gli agenti dell’Unità reati predatori della Polizia locale di Milano. In metrò, fermata stazione Centrale, stavano sfilando il portafogli a una turista asiatica.
Cinque donne e madri, in tutto, di 25 bambini. Una, per rubare, aveva al collo il figlio di 3 mesi. Tutte insieme, quelle ragazze rom, due bosniache e tre italiane, negli ultimi anni hanno messo insieme un curriculum criminale elencato in decine di pagine: 192 denunce, 78 arresti.
Solo furti. Furti «con strappo», furti «con destrezza». Borseggiatrici professioniste. Tra Roma, Milano, la Toscana.
Carcere: quasi mai. Il codice penale "rispetta" le madri e i loro bambini. Ma così per quelle donne, di fatto, certi reati sono «depenalizzati». Queste sono le loro storie, raccontate attraverso i documenti di processi che di solito scivolano nelle aule di giustizia come in una catena di montaggio.

Storie che dimostrano come il sistema di repressione di certa microcriminalità sia inceppato: il lavoro delle forze dell’ordine si avvita in una sequenza di arresti «a vuoto». Tribunale di Milano, 29 giugno, aula delle «direttissime». Alessia A., 29 anni, spiega al giudice:
Sono analfabeta. Non ho lavoro. Ho 9 bambini, un marito. Viviamo in un camper. Noi rubiamo agli stranieri, e non agli italiani, perché hanno meno capacità di reazione.
È lei stessa a elencare le età dei suoi 9 figli: da un anno e mezzo a 11 anni.
Marta S.:
Vivo in un camper. Ho 4 bambini, sono incinta al settimo mese. Siamo entrate nel metrò con l’intenzione di rubare, ma non abbiamo fatto niente. C’erano solo italiani.
Ancora, Fanisa H.:
Vivo in un camper, ho 5 figli. Stavamo andando a rubare, ma non abbiamo fatto niente perché gli agenti in borghese ci hanno fermato.
Vengono condannate tutte e cinque (un anno e 8 mesi) e messe in libertà. Il giudice firma però un’ordinanza che punta a dare un segnale: divieto di dimora in tutte le città con la metropolitana, da Milano a Catania.
Il comandante della Polizia locale di Milano, Tullio Mastrangelo, ha istituito una squadra dedicata ai soli «reati predatori», guidata dagli ufficiali Maccari e Sampieri: oltre 200 arresti in un anno e mezzo.
Il gruppo antiborseggio della Squadra mobile, nei primi mesi del 2015, ha arrestato 94 persone.
Lo sforzo delle forze dell’ordine, per questo tipo di reati, quando si tratta di donne rom «professioniste», si scontra con l’articolo 275 del codice di procedura penale: «Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a 6 anni... non può essere disposta né mantenuta la custodia in carcere, salvo esigenze di eccezionale rilevanza».
Eccolo, il cortocircuito tra il diritto, la necessità sicurezza e, indirettamente, la tutela dei bambini delle madri borseggiatrici. Un tema sul quale riflette l’assessore alla Sicurezza di Milano, Marco Granelli:
Con l’Associazione nazionale dei Comuni stiamo lavorando a un decreto sicurezza urbana da proporre al ministro Alfano per dare più poteri ai sindaci e incrementare la collaborazione con polizia e carabinieri per la lotta alla microcriminalità. Le valutazioni prevedono anche l’inasprimento delle pene per situazioni specifiche come i borseggi reiterati.
Come quello accaduto, sempre a Milano (metrò Lanza), il 4 luglio. Quattro ragazze bosniache: 2 hanno 6 figli, 2 sono incinte; derubano un turista russo; a loro carico, in totale, 73 denunce e 50 arresti. Fermate dalla Polizia locale in pattuglia per la sicurezza Expo. Stavolta però il giudice, in attesa dell’udienza (dopodomani), ha deciso che stiano in carcere: per i precedenti e «perché strumentalizzano la gravidanza per commettere più agevolmente reati».
«Ho 6 figli e sono incinta di 6 mesi», ha spiegato Faria O. Per la prima volta nella sua «carriera» non è stata rilasciata il giorno stesso dell’arresto.


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