8 febbraio 2012

Torino - Finto stupro e campo nomadi bruciato: processo alla bugiarda

STUPRO -"Mi sono inventata tutto, sono stata con un ragazzo".

Bruciato un campo nomadi
dopo il corteo contro lo stupro

Un gruppo di una cinquantina di persone ha anche tentato di impedire ai vigili del fuoco di avvicinarsi per spegnere le fiamme. Il fratello della vittima riesce a riportare la calma dopo che la sorella ha ammesso di non essere stata violentata. Fermato uno dei manifestanti

10 dicembre 2011 - E' degenerata la manifestazione di protesta contro la criminalità, organizzata per protestare dopo la violenza sessuale denunciata da una sedicenne nella zona della Continassa. La ragazza aveva indicato come possibili aggressori due nomadi. Lei stessa, dopo l'eplosione di violenza nel quartiere, ha smentito di essere stata aggredita: "Mi sono inventata tutto, sono stata con un ragazzo".
Poco prima delle 20 un gruppo di residenti armati di bastoni ha dato l'assalto al campo nomadi abusivo, dandogli fuoco. Poco fa il fratello della vittima è riuscito a riportare la calma.
La manifestazione era cominciata pacificamente, con i familiari della ragazzina in corteo con circa 500 abitanti della zona. La sfilata è partita da piazza Montale. I fotografi e gli operatori tv sono stati allontanati in malo modo, uno di loro è stato anche schiaffeggiato. Poco dopo, una parte dei manifestanti si è incappucciata e con mazze, bastoni, spranghe e bombe carta è andata all'assalto del campo abusivo. Allontanato a calci l'unico nomade rimasto nelle vicinanze, hanno sfasciato tutto e bruciato baracche, auto e roulotte: almeno una ventina.
Presi alla sprovvista carabinieri e polizia che soltanto più tardi sono schierati in forze. Il fratello dellla vittima, accompagnato ai carabinieri, ha parlato al gruppo di devastatori spiegando loro che non erano stati i nomadi a aggredire sua sorella, ma che la storia doveva ancora essere chiarita. Poco dopo la smentita definbitiva della ragazza: "Non sono stata violentata, mi sono inventata tutto".
I rivoltosi si sono così calmati e allontanati alla spicciolata. Fermato uno dei manifestanti. Un'altra ventina di persone che avrebbero partecipato all'assalto sono state identificate.

8 febbraio 2012 - Lei ha mentito, inventandosi il finto stupro dei rom alla Continassa per nascondere la sua "prima volta" ai genitori. Lui, il fratello maggiore, le ha creduto in buona fede e ha contribuito a diffondere la menzogna che ha scatenato la rabbia del quartiere.
Dopo la chiusura delle indagini per simulazione di reato, avviate dalla procura dei minori e dalla procura ordinaria, ora nei confronti dei due fratelli si prepara il rinvio a giudizio.
La ragazza, sedici anni, aveva denunciato di essere stata violentata la sera di venerdì 9 dicembre da due rom alle Vallette. In realtà era una scusa ideata per nascondere ai familiari il suo primo rapporto sessuale con il fidanzato. Aveva raccontato al fratello maggiore lo stupro e lui aveva cominciato una ricerca dei responsabili.
Il giorno successivo, sabato 10 dicembre, dopo il passaparola nel quartiere e la pubblicazione della notizia, alcuni abitanti della zona organizzano un corteo. Il volantino dell'evento è chiaro: "Ripuliamo la Continassa". E così, in serata, la manifestazione arriva alla cascina abbandonata dove abitano alcuni rom, vicino allo Juventus Stadium. Qui i partecipanti assaltano il rudere e danno fuoco all'area.
Nel frattempo i carabinieri interrogano la ragazza, e la sedicenne, dopo aver appreso la notizia della caccia al rom, di quell'assalto provocato dalla sua denuncia falsa, confessa tutto ai carabinieri. Si era inventata quella versione solo per nascondere la realtà ai genitori.
Poi, a gennaio, indagata dalla procura dei minori, ammette tutto anche davanti al pm minorile Fabiola D'Errico. Il fratello, sotto inchiesta per concorso in simulazione di reato, dichiara al sostituto procuratore Paolo Toso di aver creduto alla prima versione fornita dalla sorella in buona fede, senza sapere niente del tentativo di nascondere la relazione della ragazza ai genitori. Le credeva così ciecamente da essersi sentito male, aver chiamato i genitori e telefonato all'ambulanza.
La simulazione di reato è punita con una pena da uno a tre anni di reclusione.

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